Proprio oggi, il 21 agosto, ma dello scorso anno, era alla Cerimonia di Chiusura dei Giochi Olimpici, a Rio de Janeiro. Poco meno di tre mesi fa, invece, si ergeva sul gradino più alto del podio dei Campionati Italiani Assoluti, per la quinta volta consecutiva. Veronica Bertolini, la ginnasta azzurra più forte dell’ultimo quadriennio, e non solo, tra un paio di settimane, non sarà in pedana ai Mondiali di Pesaro, la prima rassegna iridata della storia organizzata nel nostro Paese. A leggerla così sembrerebbe un controsenso dello sport, come la caduta di Bolt nella staffetta di Londra. Quelle note stonate che, in mezzo ad una splendida sinfonia, fanno accapponare la pelle. Eppure le ragioni della DTN Marina Piazza, che le ha preferito la giovane Baldassarri, sono, per chi segue con continuità la Ginnastica Ritmica, più che condivisibili. Quasi scontate. Abbiamo allora contattato Veronica per conoscere il suo punto di vista e le dichiarazioni della capitana della San Giorgio di Desio, comprensibilmente triste, sono state degne di una campionessa. “Auguro a Milena e Alexandra tutto il bene del Mondo. Il primo Mondiale non si dimentica mai, io infatti ho ancora nel cuore quello di Kiev nel 2013. Per me è stata un’annata storta, con l’unica eccezione di Arezzo, dove ho disputato una delle gare più belle della mia carriera. Ho avuto diversi infortuni, problemi soprattutto ai piedi, che mi hanno impedito di esprimermi al meglio. Agli Assoluti ero riuscita a compensare la condizione fisica non perfetta con la grinta e l’esperienza. Ma poi ho accusato altre ricadute e alla fine la scelta della prof. Piazza è stata coerente e corretta. Mi è stata comunicata al rientro dalla Russia, anche se me lo aspettavo, visti i risultati”. I punteggi della Bertolini nell’ultima World Cup a Kazan non sono stati sempre altrettanto coerenti con le sue prestazioni ma la ginnasta di Sondrio non ha alcuna voglia di cercare alibi: “Il Codice è molto cambiato, i parziali adesso sono più bassi, basti pensare che con un 15 si può entrare in finale mentre a Baku, nel 2016, si restava fuori con un 17.50. Non è facile a ventidue anni rimettersi in gioco, ricominciare daccapo. La sfida, oltre che con te stessa, l’età, i regolamenti, è anche con le nuove generazioni, che, per definizione, sono energia allo stato puro. Intorno a me non vedevo più le Kudrjavceva, Rizatdinova, Mamun, Staniouta, Durunda e tante altre atlete con le quali ero abituata a confrontarmi. Improvvisamente mi sono mancati i punti di riferimento, tra tante facce nuove destinate certamente a raccogliere l’eredità delle étoile del recente passato. Ho provato a reagire, in Polonia, ai World Games, oppure in Coppa del Mondo, ma non ci sono riuscita, forse perché non al 100% nel momento più difficile della mia vita agonistica. Ora sono confusa. Non riesco a pensare al futuro. Di sicuro parteciperò alla Serie A per aiutare la mia società a difendere lo Scudetto. Dopo, però, potrei anche smettere. Sono molto tentata di intraprendere la carriera di allenatrice, magari proprio alla San Giorgio, se mi vorranno. Ho avuto la fortuna di crescere con una delle tecniche più brave in circolazione. Elena Aliprandi è stata e resterà per sempre un modello per me. Ha portato in nazionale tante ginnaste e vorrei un giorno fare altrettanto, anche per ripagare la fiducia che la Federazione ha sempre riposto in me. Nel frattempo riprenderò gli studi, voglio laurearmi in Scienze Motorie, e naturalmente sarò all’Adriatic Arena di Pesaro per tifare per le mie compagne. Perché non c’è niente di più emozionante che volare in pedana con il tricolore sul petto”.

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